mercoledì 30 maggio 2012

IL MADRIGALE

Il madrigale è un componimento lirico, una composizione musicale, in maggior parte per gruppi di 3-6 voci, originata in Italia, e diffusa in particolare tra Rinascimento e Barocco. L'origine della parola è a tutt'oggi discussa: se ne ipotizza l'etimologia dal latino volgare mandria-mandrialis in riferimento al contenuto rustico e pastorale; da matrix-matricalis, "di lingua materna, dialettale" o, nell'accezione proposta da Bruno Migliorini, "alla buona"; dal Provenzale mandra gal, "canto pastorale" o ancora dallo spagnolo mandrugada, "canto dell’alba"; dal latino "materialis" opposto a "spiritualis" ovvero "cose materiali o grosse". Altri attribuiscono l'origine del nome Madrigale al termine materialis, ovvero di argomento profano, contrapponendosi a spiritualis. Tutte queste saranno caratteristiche del madrigale musicale del '300. La forma originale del madrigale, assai praticata nel secolo XIV, era costituita da una successione di endecasillabi, di numero variabile da sei a quattordici, ripartiti in brevi strofette con vari incontri di rime e comunque sempre con una rima baciata finale.

LA DIVINA COMMEDIA

La Commedia o Divina Commedia (originariamente Comedìa; l'aggettivo Divina, attribuito da Boccaccio, si ritrova solo a partire dalle edizioni a stampa del 1555 a cura di Ludovico Dolce) è un poema di Dante Alighieri, scritto in terzine incatenate di versi endecasillabi, inlingua volgare fiorentina. Composta secondo i critici tra il 1304 e il 1321,[1] la Commedia è l'opera più celebre di Dante, nonché una delle più importanti testimonianze della civiltà medievale; conosciuta e studiata in tutto il mondo, è ritenuta il più grande capolavoro dellaletteratura di tutti i tempi.[2] Il poema è diviso in tre parti, chiamate cantiche (Inferno, Purgatorio e Paradiso), ognuna delle quali composta da 33 canti (tranne l'Inferno, che contiene un ulteriore canto proemiale). Il poeta narra di un viaggio attraverso i tre regni ultraterreni che lo condurrà fino alla visione della Trinità. La sua rappresentazione immaginaria e allegorica dell'oltretombacristiano è un culmine della visione medioevale del mondo sviluppatasi nella Chiesa cattolica. L'opera ebbe subito uno straordinario successo, e contribuì in maniera determinante al processo di consolidamento del dialetto toscano come lingua italiana. Il testo, del quale non si possiede l'autografo, fu infatti copiato sin dai primissimi anni della sua diffusione, e fino all'avvento della stampa, in un ampio numero di manoscritti. Parallelamente si diffuse la pratica della chiosa e del commento al testo, dando vita a una tradizione di letture e di studi danteschi mai interrotta; si parla così di secolare commento. La vastità delle testimonianze manoscritte della Commedia ha comportato una oggettiva difficoltà nella definizione deltesto critico. Oggi si dispone di un'edizione di riferimento realizzata da Giorgio Petrocchi[3]. Più di recente due diverse edizioni critiche sono state curate da Antonio Lanza[4] e Federico Sanguineti[5]. La Commedia, pur proseguendo molti dei modi caratteristici della letteratura e dello stile medievali (ispirazione religiosa, fine morale, linguaggio e stile basati sulla percezione visiva e immediata delle cose), è profondamente innovativa, poiché, come è stato rilevato in particolare negli studi di Erich Auerbach, tende a una rappresentazione ampia e drammatica della realtà. È una delle letture obbligate del sistema scolastico italiano. Curioso notare come tutte le tre cantiche terminino con la parola "stelle". ("E quindi uscimmo a riveder le stelle" - Inferno; "Puro e disposto a salir a le stelle" - Purgatorio e "L'amor che move il sole e le altre stelle" - Paradiso).

LA CORTE

Un palazzo rinascimentale con sale affrescate era simbolo di ricchezza e potere , si fa una gara a chi ha la  reggia più bella , nella corte dove risiede il principe i pittori e  i poeti sfruttano la loro fantasia ,durante i banchetti i gruppi vocali e strumentali accompagnano la festa , nelle feste  ci sono : il liuto, l' organo portativo, clavicembalo, spinetta il violino e la viola che alleggeriscono i banchetti 

venerdì 25 maggio 2012

PALESTRINA






Giovanni Pierluigi da Palestrina è stato un compositore italiano del Rinascimento. Giovanni Pierluigi, noto anche come Giovanni Petraloysio, nacque presumibilmente a Palestrina, l'antica Praeneste nei pressi di Roma. L'anno di nascita del compositore, uno dei massimi protagonisti dell'arte musicale del Rinascimento europeo, è stato proposto principalmente sulla base di un elogio che scrisse un giovane contemporaneo, Melchiorre Major, in cui affermò che al momento della morte Palestrina aveva 68 anni. Palestrina svolse quasi tutta la sua attività musicale a Roma. Un documento del 1537 riporta il nome di «Joannem da Palestrina» tra i putti cantori della basilica di Santa Maria Maggiore, dove probabilmente studiò con i maestri allora in carica, un certo Robert e i francesi Robin Mallapert e Firmin Lebel. Ebbe il suo primo incarico come organista della cattedrale di S. Agapito a Palestrina nel 1544; gli obblighi di questo suo primo contratto gli imponevano anche di insegnare il canto ai canonici e ai bambini cantori. Il 12 giugno 1547 si sposò con Lucrezia Gori, da cui avrà i figli Rodolfo (1549–1572), Angelo (1551–1575) e Iginio (1558–1610). Nel 1551 fu nominato magister cantorum in Cappella Giulia, succedendo a Mallapert, e dal 1553 magister cappellae. Nel 1554 Palestrina pubblicò il suo primo libro di messe, dedicato al papa Giulio III e il 13 gennaio 1555 fu ammesso dal pontefice tra i cantori della cappella papale, senza chiedere il consenso ai cantori stessi, che al contrario erano particolarmente gelosi del loro privilegio. Infatti, morto Giulio III pochi mesi dopo, e conclusosi il regno brevissimo del suo successore, Marcello Cervini, a settembre del 1555 il nuovo papa Paolo IV costrinse alle dimissioni tutti i cantori sposati, tra cui Palestrina, concedendo però loro una pensione. Il mese successivo Palestrina fu assunto come maestro di cappella a San Giovanni in Laterano; lascerà quel posto nel 1560, portando via con sé anche il figlio Rodolfo che era cantorino del coro. Dal marzo 1561, trovò un nuovo impiego presso la Basilica di Santa Maria Maggiore. Risale forse a questo periodo la composizione della famosa Missa Papae Marcelli, la cui importanza è legata alle riforme del Concilio di Trento. Palestrina divenne intanto maestro del nuovo Seminario Romano nel 1566, riuscendo nel contempo a prestare servizio anche per il Cardinale Ippolito II d’Este (1 agosto 1567 - marzo 1571). La sua fama di compositore, già largamente attestata dai contemporanei, gli procurò offerte di lavoro dall'aristocrazia sia italiana che straniera, alcune delle quali rifiutate; il duca Guglielmo Gonzaga fu tra i più grandi ammiratori e finanziatori di Palestrina, almeno dal 1568 sino 1587, anno in cui il duca morì. Nell'aprile del 1571, alla morte di Giovanni Animuccia, tornò come maestro in Cappella Giulia, mantenendo quel posto sino alla morte. Nel 1580 morì la moglie Lucrezia; Palestrina inizialmente chiese e ottenne di prendere la tonsura, ma pochi mesi dopo sposò invece una ricca vedova romana, Virginia Dormoli. Giovanni Pierluigi da Palestrina morì il 2 febbraio 1594 e venne inumato nella Basilica di San Pietro; ai suoi solenni funerali parteciparono anche molti famosi musicisti del tempo.

LEONINUS E PEROTINUS

Compaiono i primi nomi di musicisti. I primi due musicisti menzionati nella storia della musica europea sono: Magister Leoninus e Magister Perotinus (quest’ultimo chiamato anche optimus discantor, perché componeva soprattutto clausolae in stile di discanto che piacevano molto). Il primo scrisse il Magnus Liber organi, che contiene un ciclo di graduali, responsi e alleluja a due voci per l'intero anno liturgico. Il secondo aggiunse una terza voce alle opere di Leonino. Questi compositori compongono negli stili di organum e di discanto.

LA SCUOLA

Nella storia della musica, la Scuola romana fu costituita da un gruppo di compositori, quasi tutti di musica sacra, attivi a Roma fra il XVI e il XVII secolo, spaziando dal tardo rinascimento al primo barocco. Il termine si riferisce anche alla loro produzione musicale. Molti di questi compositori erano legati con la Santa Sede e con la Cappella musicale pontificia anche se lavoravano per diverse chiese di Roma. Il loro stile era diverso da quello della Scuola veneziana le cui musiche erano più innovatrici. Il più famoso compositore della scuola romana fu Giovanni Pierluigi da Palestrina il cui nome venne associato, per oltre quattro secoli, con la più pura perfezione polifonica. In ogni caso operavano in quel periodo altri compositori che scrivevano musica in diverse varietà di stili e forme.

LA BASILICA

La processione della reliquia del santo patrono in piazza San Marco è uno degli eventi più importanti e solenni della vita di Venezia . Tutti i cittadini vi partecipano . festeggiamenti religiosi e profani si alternano , occupando l' intero arco della giornata. 
Il 500 è il periodo della massima espansione di Venezia che controlla ora tutti i traffici con l' Oriente . Un secolo luminoso nella vita della Repubblica , testimoniato da una straordinaria fioritura artistica.
Le arti e fra esse la musica hanno il compito di rappresentare lo splendore del doge, del governo che egli impersona e dell' intera città.
Presso San Marco è attiva un' importante cappella musicale : 2 organisti, 30cantori rinomati per la loro bravura e l' insieme degli archi e 2 fiati dove si aggiungono , nelle occasioni importanti i suonatori di tamburo e i famosi pifferi del doge.
Dentro San Marco esistono due organi, uno di fronte all' altro , presso i quali si sistemano i due cori: l' effetto stereofonico che ne risulta è tale da impressionare per la grandiosità e l' imponenza.
Il maestro della cappella di San Marco ha il compito di partecipare a tutte le cerimonie , civili e religiose,  e di comporre musica sacra e profana. Una musica che rispecchia il fasto e la gioia di vivere della Repubblica veneta.

giovedì 24 maggio 2012

ROMA E VENEZIA NEL "500"



 La basilica di San Pietro(nome esatto completo Papale Arcibasilica Patriarcale Maggiore Arcipretale di S. Pietro in Vaticano) è una basilica cattolica della Città del Vaticano, cui fa da coronamento la monumentale Piazza San Pietro. È la più grande delle basiliche papali di Roma[1], spesso descritta come la più grande chiesa del mondo[2] e centro del cattolicesimo. Non è tuttavia la chiesa cattedrale della diocesi romana poiché tale titolo spetta alla basilica di San Giovanni in Laterano che è anche la prima per dignità essendo Madre e Capo di tutte le Chiese dell'Urbe e del Mondo. In quanto Cappella Pontificia, posta in adiacenza del Palazzo Apostolico, la basilica di San Pietro è la sede delle principali manifestazioni del culto cattolico ed è perciò in solenne funzione in occasione delle celebrazioni papali, ad esempio per il Natale, la Pasqua, i riti della Settimana Santa, la proclamazione dei nuovi papi e le esequie di quelli defunti, l'apertura e la chiusura dei giubilei e le canonizzazioni dei nuovi Santi. Sotto il pontificato di Pio IX ospitò le sedute del Concilio Vaticano I e sotto papa Giovanni XXIII e Paolo VI quelle del Concilio Vaticano II.
 La basilica di San Marco a Venezia è la chiesa principale della città, cattedrale della città e sede del Patriarca. È uno dei principali monumenti di piazza San Marco, che da essa prende il nome. Sino alla caduta della Repubblica Serenissima è stata la chiesa palatina dell'attiguo palazzo Ducale, retta a prelatura territoriale sotto la guida di un primicerio nominato direttamente dal doge. Ha assunto il titolo di cattedrale a partire dal 1807, quando fu qui trasferito dall'antica cattedrale di San Pietro di Castello.

TROVATORI E TROVIERI

Troviero, in francese trouvère (pronuncia francese: tʁuvɛʁ), talvolta scritto trouveur (pronuncia francese: tʁuvœʁ), è la forma francese (lingua d'oïl) equivalente del termine troubadour (così come viene pronunciato o scritto nella lingua d'oc). Esso si riferisce ai poeti-compositori, grosso modo contemporanei ai trovatori e da questi influenzati, ma che composero le loro opere nei dialetti della Francia settentrionale. La parola trouvère proviene dall'antico francese trovere, a sua volta dalla parola provenzale trobaire, che significa 'trovare o inventare (retoricamente)' [senza fonte]. I trovieri – tra i quali il primo di cui si abbia notizia, Chrétien de Troyes (fl. 1160/1170 - 1180/1190)[1] – continuano a prosperare fino al 1300. Di loro ci sono pervenuti circa 2130 componimenti, dei quali, almeno due terzi comprensivi di melodie. L'immagine popolare del trovatore o del troviero è quella del musico itinerante, liuto in spalla, che vagabonda di città in città. Tali personaggi sono esistiti, ma erano chiamati giullari e menestrelli — musici poveri, uomini e donne, ai margini della società. I trovatori e trovieri, invece, rappresentano i facitori di musica aristocratica,[2] poeti e compositori sostenuti e protetti dall'aristocrazia o, molto spesso, erano loro stessi aristocratici, per cui la creazione e l'esecuzione musicale era parte della tradizione cortese. Nel loro novero possiamo trovare re, regine e contesse. I testi di queste canzoni sono un riflesso naturale della società che li ha creati e spesso ruotano intorno alla trattazione idealizzata dell'amor cortese ("fine amors", vedi grand chant) e alla devozione religiosa, sebbene in molte di esse vi si può trovare una visione più schietta e terrena dell'amore. L'esecuzione di questo stile di musica è soggetto a congetture. Alcuni studiosi suggeriscono che sarebbe stata eseguita in uno stile ritmico libero e con un uso limitato di strumenti di accompagnamento (specialmente in quelle canzoni con un testo più elevato). Altri studiosi, così come molti esecutori, ritengono ugualmente valida l'ipotesi di un accompagnamento strumentale e di un'interpretazione più ritmica.

I MENESTRELLI


Il menestrello (dal provenzale menestrals, "servo di casa") era, in età feudale, l'artista di corte incaricato all'intrattenimento del castello. Svolgeva mansioni di musicistacantastoriepoeta ogiullare.
Fu una figura presente principalmente nella Francia e nell'Inghilterra medievale.
Era spesso ingaggiato per singoli spettacoli, in occasione di ricorrenze particolari ed eseguiva perlopiù brani già composti probabilmente da un trovatore.Come il bardo per le popolazioni celtiche, il menestrello poteva essere un cantore di gesta eroiche compiute dal proprio signore. In alcuni casi, si trattava di un semplice buffone con abilità di giocoleria e aveva il solo scopo di divertire il pubblico.
I menestrelli più abili erano in grado di comporre delle tenzoni di livello paragonabile alla poesia trobadorica.
Anche i comuni usavano assumere i menestrelli affinché cantassero la bellezza della città.
In altra epoca e luogo, dal 1840 circa, fino ai primi del XX secolo, lo spettacolo leggero americano fu dominato dai cosiddetti minstrel shows, spettacoli di menestrelli: spettacoli teatrali improvvisati su un canovaccio, e spesso accompagnati dalla musica. Con l'andare del tempo queste esibizioni, che non erano stabili ma erano spettacoli di strada, presero ad assumere delle caratteristiche standard, che fissavano l'abbigliamento del menestrello, ed i ruoli, caratterizzati, che egli interpretava. Tuttavia la chiesa non aveva un atteggiamento positivo nei loro confronti, e quindi, li condannava; inoltre, siccome i loro componimenti non venivano scritti, ma si tramandavano solo oralmente, a noi oggi non è pervenuto nulla. Si trovavano nel epica cavalleresca. Il menestrello era anche uno strumento sociale di grande valore. Infatti manteneva gli uomini a contatto con costumi ed ambienti diversi.

GUIDO D' AREZZO


Guido Monaco, conosciuto anche come Guido d'Arezzo o Guido Pomposiano (991 circa – 1050), è stato un monaco e teorico della musica italiano.

Biografia [modifica]


È stato un importantissimo teorico musicale ed è considerato l'ideatore della moderna notazione musicale, con la sistematica adozione del tetragramma, che sostituì la precedente notazione adiastematica. Il suo trattato musicale, il Micrologus, fu il testo di musica più distribuito del Medioevo, dopo i trattati diSeverino Boezio.
Nacque intorno al 991[2]. Il luogo della sua nascita è incerto: ArezzoFerraraPomposaTalla sono alcuni tra i centri che se ne contendono i natali. Tra il 1026 e il 1032Papa Giovanni XIX lo invitò a Roma affinché gli spiegasse la sua opera. Morì intorno al 1050.
Fu monaco benedettino e curò l'insegnamento della musica nell'Abbazia di Pomposa, sulla costa Adriatica vicino a Ferrara, dove notò la difficoltà che i monaci avevano ad apprendere e ricordare i canti della tradizione Gregoriana. Per risolvere questo problema, ideò e adottò un metodo d'insegnamento completamente nuovo, che lo rese presto famoso in tutta l'Italia settentrionale. L'ostilità e l'invidia degli altri monaci dell'abbazia gli suggerirono di trasferirsi ad Arezzo, città che, benché priva di un'abbazia, aveva una fiorente scuola di canto. Qui giunto, si pose sotto la protezione del vescovo Tedaldo, a cui dedicò il suo famoso trattato: il Micrologus.
Dal 1025, Guido fu insegnante di musica e canto nella Cattedrale, dove ebbe modo di proseguire gli studi intrapresi a Pomposa arrivando a codificare la moderna notazione musicale, che avrebbe rivoluzionato il modo di insegnare, comporre e tramandare la musica.
Per aiutare i cantori, Guido aveva usato le sillabe iniziali dei versi dell'inno a San Giovanni Battista di Paolo Diacono per denotare gli intervalli dell'esacordomusicale:
da cui derivarono i nomi delle note Ut-Re-Mi-Fa-Sol-La.

In questo modo Guido pose le basi del sistema teorico detto solmisazione (la prima forma di solfeggio). Il sistema guidoniano non era usato per indicare l'altezza assoluta dei suoni, che erano denotati con il sistema alfabetico già esistente, ma per collocare correttamente la posizione del semitono (mi-fa) nella melodia. Il nome "Ut", quindi, non era assegnato solo alla nota che oggi chiamiamo "do" (l'Ut più grave della scala in uso fino al Rinascimento, anzi, era un sol). Solo nel corso del Seicento i nomi del sistema guidoniano furono associati definitivamente alle altezze assolute, dopo che alla fine del XVI secolo era stato aggiunto un nome per il settimo grado della scala ("Si", dalle iniziali di "Sancte Iohannes"). Il teorico della musica italiano Giovanni Battista Doni propose inoltre, per ragioni eufoniche, di sostituire il nome "Ut" con "Do", derivato dalla parola 'Dominus' cioè 'Signore' in riferimento a Dio (ma molto probabilmente scelse il nome "Do" come chiara allusione al suo cognome). A partire da quell'epoca, i nomi dati da Guido hanno sostituito nei paesi latini la notazione alfabetica (ancora in uso in area tedesca e anglosassone); in francese si usa tuttora "Ut" in luogo del "Do".
Guido codificò inoltre il modo di scrivere le note (notazione) definendo le posizioni di esse sulle righe e negli spazi del rigo musicale e proponendo un sistema unificato per la loro scrittura (utilizzando, per la parte terminale della nota, un quadrato, che sarebbe poi diventato un rombo ed infine un ovale). Il rigo usato da Guido aveva quattro righe (a differenza del moderno pentagramma, che ne ha cinque) ed era perciò detto tetragramma. A Guido si deve inoltre l'invenzione di un sistema mnemonico, detto mano guidoniana, per aiutare l'esatta intonazione dei gradi della scala o esacordo[3]. Oltre che nel già citatoMicrologus, egli espose tali innovazioni in numerose lettere e trattati: tra queste, degne di menzione sono la Epistola "ad Michaelem de ignoto cantu", il"Prologus in Antiphonarium" e le "Regulae rithmicae".
Non è chiaro quali delle innovazioni attribuite a Guido fossero concepite a Pomposa e quali ad Arezzo, perché l'antifonario che egli scrisse a Pomposa è andato perduto.
La notorietà che la diffusione del Micrologus gli diede in tutta Italia fece sì che fosse invitato a Roma da Papa Giovanni XIX. Pare che Guido vi si recasse nel1028, soggiornando al Laterano ed illustrando alla Curia Papale le novità che aveva introdotto; ritornò però presto ad Arezzo a causa della sua salute cagionevole. Dopo questa data si hanno meno notizie certe di Guido, tra cui quella del completamento del suo antifonario attorno al 1030, che però è andato perduto. Inoltre, le cronache dell'ordine camaldolese ed alcuni documenti presso l'Archivio Segreto Vaticano, lo indicano come priore presso ilmonastero di Fonte Avellana tra il 1035 e il 1040, anni in cui Pier Damiani indossava l'abito monastico e di cui Guido divenne amico. In questo celebre monastero, Guido portò a compimento il suo Codice Musicale, poi denominato NN o Codice di Fonte Avellana, ancora oggi conservato nella vastissima biblioteca dell'importante monastero appenninico. Successivamente, dal 1040 al 1050, anno in cui sopraggiunse la sua morte, Guido fu priore del monastero di Pomposa, nel quale aveva maturato la sua vocazione monastica ed aveva vissuto i primi anni come monaco. Dal 1040 al 1042, Guido volle con lui a Pomposa l'amico Pier Damiani, affidandogli la mansione di maestro dei monaci e dei novizi. Alcune cronache lo danno per beatificato subito dopo la morte, ma non esistono certezze in merito[4].

LO SCHOLAE CANTORUM




Una schola cantorum (parola in lingua latina) è una scuola corale e coro di giovani destinati ad accompagnare le funzioni religiose nella Chiesa cattolica. La prima schola cantorum fu fondata daPapa Silvestro I (334 circa); da questa derivò la scuola romana nel Laterano e, quindi, analoghe scuole nelle Chiese di tutto il mondo cattolico. Il nome fu assunto anche per scuole laiche, tra le quali la più famosa è la Schola Cantorum di Parigi, fondata nel 1894 da Vincent d'Indy il quale la trasformò in una scuola di composizione.
Una delle tante scuole fondata dai papi fu quella fondata da Gregorio I Magno, il quale contribuì tantissimo alla storia della musica, scrivendo un libro, l'Antifonario che raccoglieva tutti i canti dell'Impero Romano.

IL CANTO GREGORIANO

  Il canto gregoriano è un genere musicale vocale, monodico e liturgico. Venne elaborato in Occidente a partire dall'VIII secolo dall'incontro del canto romano antico con il canto gallicano nel contesto della rinascita carolingia. È cantato ancora oggi, non solo in ambito liturgico, e viene riconosciuto dalla Chiesa cattolica come "canto proprio della liturgia romana"[1]. Caratteristiche Il canto gregoriano è un canto liturgico, solitamente interpretato da un coro o da un solista chiamato cantore (cantor) o spesso dallo stesso celebrante con la partecipazione di tutta l'assemblea liturgica. È finalizzato a sostenere il testo liturgico in latino. Deve essere cantato a cappella, cioè senza accompagnamento strumentale, poiché ogni armonizzazione, anche se discreta, altera la struttura di questa musica. In effetti, si tratta di un canto monodico, è una musica cioè che esclude la simultaneità sonora di note diverse: ogni voce che lo esegue canta all'unisono. Dal punto di vista del sistema melodico, il canto gregoriano è di tipo modale e diatonico. I cromatismi vi sono generalmente esclusi, così come le modulazioni e l'utilizzo della sensibile. Le diverse scale impiegate con i loro gradi ed i loro modi, sono chiamati modi ecclesiastici o scale modali o modi antichi, in opposizione alle scale utilizzate in seguito nella musica classica tonale. Non è cadenzato, ma è assolutamente ritmico. Il suo ritmo è molto vario, contrariamente alla cadenza regolare della musica moderna. Il ritmo, che nel canto gregoriano riveste un ruolo complesso, oltrepassa le parole e la musica, sorpassando le due logiche. Nei passaggi salmodici o sillabici, il ritmo proviene principalmente dalle parole. Nei passaggi neumatici o melismatici, è la melodia che diventa preponderante. Queste due componenti sono costantemente presenti. È una musica recitativa che predilige il testo in prosa, che prende origine dal testo sacro e che favorisce la meditazione e l'interiorizzazione (ruminatio) delle parole cantate[2]. Il canto gregoriano non è un elemento ornamentale o spettacolare che si aggiunge alla preghiera di una comunità orante, ma è parte integrante ed efficace della stessa lode ordinato al servizio ed alla comprensione della Parola di Dio[3]. È questo il significato più profondo ed intimo di questo genere musicale. Origini del nome Il nome deriva dal papa benedettino Gregorio Magno I. Secondo la tradizione, egli raccolse ed ordinò i canti sacri in un volume detto Antifonario, la cui copia originale andò persa durante le invasioni barbariche. Secondo una variante tradizionale di tale versione, egli dettò il codice ad un monaco, mentre era nascosto dietro un velo: il monaco, accorgendosi che Gregorio faceva lunghe pause nel corso della dettatura, sollevò il velo e vide una colomba (segno della presenza dello Spirito Santo) che sussurrava all'orecchio del papa. Il Codice Gregoriano sarebbe quindi di derivazione divina. Più di recente, si è venuto a dubitare non solo dell'origine miracolosa dell'Antifonario, ma della stessa derivazione da Gregorio. Dalla carenza di testimonianze autografe dell'interesse di Gregorio per quello che riguarda l'impianto dell'uso della musica nel rito della messa, tranne una lettera generica in cui si parla del rito britannico, sono derivate altre ipotesi. Fra queste, vi è quella secondo cui l'Antifonario (e la storia della sua origine) sarebbero entrambi di origine carolingia (quindi databili quasi due secoli dopo la morte di Gregorio) e farebbero parte dello sforzo di unificazione del nascente Sacro Romano Impero: esistono infatti documenti che attestano i tentativi degli imperatori carolingi di unificare i riti franco e romano. Secondo questa ipotesi, attribuire la riforma ad un miracolo che coinvolgeva un papa di grande fama come Gregorio sarebbe servito quale espediente per garantirne l'accettazione universale e incondizionata.

ROBERT ARTHUR MOOG

Robert Arthur Moog (New York, 23 maggio 1934 – Asheville, 21 agosto 2005) è stato un ingegnere statunitense. Pioniere della musica elettronica, si laureò in ingegneria elettronica alla Columbia University. Fu l'inventore di uno dei primi sintetizzatori musicali a tastiera nel 1963, utilizzando le sonorità del Theremin. A partire dalla fine degli anni sessanta i sintetizzatori di Moog divennero i più apprezzati e il nome stesso "Moog" si tramutò in sinonimo di sintetizzatore. Proprio nel momento in cui il modello Minimoog stava per ottenere successo internazionale, Moog dovette vendere la proprietà dell'azienda omonima per la produzione di strumenti musicali da lui fondata, rimanendone comunque il direttore. Questo strumento permise l'uso di sonorità nuove, tracciando un'innovazione nella storia della musica rock. Importanti furono contributi di musicisti come Herbert Deutsch e Walter Carlos che lo aiutarono nella progettazione. Fu proprio di Walter Carlos il primo successo discografico (basato sulle notazioni classiche di Bach) suonato interamente con il Moog: Switched on Bach. Molti gruppi usarono il Moog e il Minimoog, tra questi i Tangerine Dream. Tra gli utilizzatori di questo sintetizzatore anche Keith Emerson e Rick Wakeman. Moog è morto il 21 agosto 2005 a causa di un tumore al cervello.

mercoledì 16 maggio 2012

L' ABBAZIA



Le chiese, le abbazie, i monasteri eretti nel medioevo , dal VI al XII secolo, sono costruzioni piuttosto severe , prive di qualsiasi decorazione e capaci di generare ancora oggi in chi le osserva impressioni di semplicità e solidità.
L' edificio sacro ha il compito primario di ricordare la presenza di Dio nella storia degli uomini e di attirare l' attenzione verso il messaggio divino , è dunque semplice e austero per favorire la concentrazione del fedele nella preghiera.
In questo periodo la vita ultraterrena e considerata più importante della vita terrena , nella convinzione che quest' ultima sia priva d' importanza rispetto a ciò che aspetta il buon cristiano quando dopo la morte passa "a miglior vita", è proprio questo disinteresse per la vita terrena che si esprime nell' architettura sacra nel medioevo e più in generale nell' arte, nella musica compresa.
Nel medioevo la musica è un elemento molto importante nella preghiera e nella meditazione: essa accompagna e scandisce i momenti ufficiale della religione cristiana , cioè la cerimonia e i riti collettivi che costituiscono la liturgia . In breve tempo si sviluppa un importante repertorio di melodie destinate a questo scopo e la musica sacra aquista un ruolo di primo piano rispetto a quella profana.
In quest' epoca la Chiesa non è solo un luogo di preghiera : è un importante centro di sviluppo culturale. Nelle biblioteche di monasteri e abbazie i monaci amanuensi copiano le opere delle civiltà antiche , redigono nuovi libri , studiano e trascrivono in preziosi manoscritti le melodie dei canti sacri.

mercoledì 2 maggio 2012

IL PRELUDIO


In musica, un preludio (dal latino praeludium) è generalmente un brano piuttosto breve, di solito senza una forma codificata, collocato all'inizio dell'esecuzione di una composizione o di una sua parte. Esso si differenzia dalla ouverture e dalla sinfonia, per forma e durata.

Musica strumentale [modifica]

Un preludio strumentale era originariamente un breve brano suonato in maniera estemporanea, prima dell'esecuzione del pezzo vero e proprio. Si sviluppò probabilmente dalla naturale tendenza di ciascun musicista di scaldare il proprio strumento suonando alcune note prima di iniziare. La consacrazione ad una vera e propria forma artistica, oltre che dai compositori, giunse quando gli editori iniziarono a pubblicizzare le raccolte a stampa di preludi pronti all'uso, a partire dal XVII secolo.
Nella musica barocca, il preludio è spesso abbinato ad una fuga. Per esempio, Johann Sebastian Bach compose un'opera comprendente due raccolte di preludi e fughe in tutte e ventiquattro le tonalità maggiori e minori: Il clavicembalo ben temperato.
Similmente, Šostakovič scrisse una raccolta di 24 Preludi e Fughe dopo aver in precedenza scritto 24 Preludi per pianoforte.
Tra gli altri compositori che hanno scritto dei preludi per pianoforte in tutte le 24 tonalità, troviamo Fryderyk ChopinCharles Henri Valentin Alkan e Sergej Rachmaninov. Scrissero importanti raccolte di preludi anche senza precisi riferimenti alla tonalità tradizionale Claude DebussyAleksandr Skrjabin (autore di una raccolta di 24 preludi op.11 in tutti i toni maggiori e minori e di diverse altri quaderni non tonali).
Caso particolare quello dei 24 preludi e fughe per due chitarre, in tutte le tonalità maggiori e minori, di Mario Castenuovo-Tedesco: "Les guitarres bien tempérées".
Da notare che è stata anche utilizzata (per affinità o per contrasto) la forma Postludio da compositori quali: Alfred SchnittkeLuca Belloni,Andrea Poggiali. Caso limite dell'utilizzo di una forma ibrida del termine è il Post-prae-ludium per Donau per tuba e Live electronics di Luigi Nono. Per concludere si segnala anche il termine Microludi (preludi miniaturizzati) del compositore rumeno-ungherese György Kurtàg.

Opera lirica [modifica]

Nell'opera lirica il preludio è un brano strumentale collocato all'inizio dell'opera, di un atto (in questo caso denominato anche intermezzo oentr'acte) o di un quadro. In molti casi è eseguito a sipario chiuso, più raramente a sipario aperto, eventualmente abbinato ad un'azione scenica (ad esempio nel Tabarro o nell'ultima scena del Pirata).
Il preludio posto all'inizio dell'opera contiene di rado temi musicali sviluppati nel seguito della partitura (Aida) e comunque assolve la funzione di definirne il clima e il carattere (Lucia di Lammermoor e seconda versione di Simon Boccanegra).
Il Vorspiel (preludio) al Lohengrin è un breve movimento basato sulle musiche del Grail. Con la sua meravigliosa strumentazione, la romantica bellezza e l'identità delle musiche susseguentemente sviluppate nel primo e terzo atto, non rappresentano un ulteriore passo avanti rispetto alla forma dell'ouverture classica, come rappresentata cinquant'anni prima da Etienne Méhul nelle interessanti overturea all' Ariodante ed aUthal, in cui si sente una voce provenire dal palcoscenico prima dell'apertura del sipario. Il Vorspiel a Die Meistersinger (I maestri cantori di Norimberga) è già piacevole di per sé. Quello del Tristano e Isotta fu scritto dallo stesso Wagner per essere eseguito in concerto e la sua lunghezza dimostra che fu pensato per essere eseguito staccato dall'opera alla quale apparteneva. In ultimo il Vorspiel del Parsifal è una composizione pensata espressamente per l'esecuzione separata dalla sua opera. I quattro preludi alle opere de L'Anello del Nibelungo hanno invece la mera funzione di preparare gli spettatori all'apertura del sipario. Alcune opere, quali Falstaff di VerdiSalomé di Richard Strauss eTosca di Giacomo Puccini non hanno una ouverture in quanto il sipario si apre alle prime note dell'orchestra.
Nel corso del XIX secolo la sua forma breve, poco strutturata, soppiantò poco per volta le grandi forme della Sinfonia e dell'Ouverture alla